Morti sul lavoro e indignazione

E’ di ieri la notizia degli ennesimi decessi sul lavoro avvenuti a Sorrento.
Il destino, triste fato, ha deciso di vendicarsi a suo beffardo modo proprio nel giorno della Festa del Lavoro.
Il destino, triste fato, ha deciso che il nostro Presidente della Repubblica insorgesse a suo modo, beffardamente dicendo: “Indigniamoci”. 
Un minuto di silenzio sarà effettuato per ricordare le morti bianche.

Caro Presidente della Repubblica non serve a nulla indignarsi. 
Non serve la Sua, pur lodevole nelle parole, esortazione. No. Non serve. 
Niente e nessuno, nemmeno la Sua autorità, potranno dar di nuovo vitale voce a chi le parole le ha perdute per sempre. In eterno. Nessuno. Niente.
E’ un atto inutile e tardivo il Suo indignarsi di fronte a dei morti.
Ci si dovrebbe indignare prima che queste morti accadano. Ma indignarsi prima, ab origine, significherebbe far crollare il palazzo del potere in cui Lei, e come Lei tanti altri, vive da condomino. Quel palazzo in cui politica e affari sono talmente intrecciati tra loro, in via del tutto trasversale da sinistra a destra passando per il centro, che non si riesce più a distinguere dove si parli di politica e dove si parli di economia. Privata. Non di nazione.
La Sua indignazione postuma non serve. No.
La mia indignazione per le Sue parole cariche di pragmatico immobilismo non serve. No.
Servirebbe altro.
Sono un padre di famiglia. 
Taccio per rispetto.
Mi copro di silenzio. 
Lo stesso silenzio che, per rispetto di chi non avrà più voce, avrebbe dovuto tenere Lei.

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