E lo chiamano progresso

Fulminato da un momento di vera gioia e ilarità, riflettevo sullo schifo di vita che si conduce – generalmente – nelle grandi città.
Al mattino si inizia la giornata già freneticamente nevrotici; un minimo intoppo – che so, un bottone di una camicia saltato o una macchia di caffè sui pantaloni – può provocare una vera tragedia. Infatti, tutto è calcolato sul filo dei minuti – con rigore scientifico – per evitare “l’ora di punta” del traffico che, in una città come Roma, copre più o meno l’arco dell’intera giornata. Anche perché gran parte di noi esce nell’ora di punta che, altrimenti, non verrebbe così chiamata.
Ci si è alzati da neanche un’ora e già i livelli di adrenalina da traffico assumono proporzioni mostruose. I nervi sono già a fior di pelle ancor prima di entrare in macchina. Si sale in macchina in piena trance da prestazione.
Si accende il motore. Si parte per iniziare la battaglia. La battaglia per occupare la corsia più libera. Per passare col verde malgrado quello davanti freni a ripetizione o inizia a lavorare a mezzogiorno e lo faccia pure per hobby. Per non investire un pulivetri. Per evitare di travolgere moto, motorini, scooter, minicar che ti passano a destra, sinistra, sopra e pure sotto. Dappertutto.
Poi, giunti in prossimità del luogo di lavoro, si inizia un’altra battaglia: quella per il parcheggio. Dopo sgommate, minacce verbali, sgassate, movimenti rotatori di braccia, distensioni dei medi, colpi di clacson, finalmente si trova un posto dove parcheggiare.
Si entra nel posto di lavoro dove, in genere, stanno tutti incavolati neri e nevrotici. I sorrisi sono una chimera. C’è chi ce l’ha col datore di lavoro, chi col capo, chi col collega, chi col marito, chi con la moglie, chi con tutti. Un immenso rodimento di nervi e fegato che va avanti fino all’ora di tornare a casa e ricominciare con la guerra del traffico. Chiudersi in casa. 
Si va a dormire con la consapevolezza che domani nulla cambierà. Anzi, sì.
Si avrà un giorno di esperienza in più in quello che chiamano progresso.

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Giugno 2007
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