Non so perdonare – ma non me ne frega

Faccio parte della schiera di persone che ritiene che nel corso della vita torti e favori, alla fine e più o meno, si equivalgano; in base a tale ottica, aggiungendo un pizzico di “male non fare, male non temere”, tento di evitare di nuocere al prossimo, benché, non essendo santo, né auspicando di diventarlo, di sicuro a qualcuno avrò pure nuociuto e non posso escludere, anzi sono certo, che ciò accadrà anche in futuro.

Apprendo poco fa che un mio collega, che tanti anni fa testimoniò contro di me ed a favore del comune datore di lavoro – ente pubblico, è stato invitato a farsi da parte per sempre, benché ancora non in possesso dei requisiti per beneficiare della pensione. Di fronte a situazioni di questo genere che incidono sulla vita della persona in modo così pesante e profondo – rimanere senza stipendio, malgrado una sorta di buonuscita, non è proprio il massimo della vita se si deve portare avanti la carretta per tanti anni ancora – sono sempre dalla parte del più debole, come quando, fin da ragazzino, parteggiavo per gli indiani; in questo caso, invece, ho alzato le spalle, fatto spallucce e detto dentro di me uno “sticazzi” che, nonostante il volume pari a zero, deve esser pervenuto a destinazione. Visto che non ero contento della sintetica, benché abbastanza esauriente locuzione, ho aggiunto un “li mortacci tua”, una specie di condono tombale tra me e lui.
Male non fare, ma non pretendere che, una volta fatto, e se passi i guai tuoi, io mi cambi nome ed assuma le vesti di Santo Francesco.

Sarò, sono cattivo?

La risposta è racchiusa in una sintetica quanto efficace locuzione che tanto aiuta nella vita.

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