Negli ultimi mesi, ho indossato i panni del killer, di quello seriale: ho fatto secchi, letteralmente secchi oltre 150 contatti che popolavano inutilmente il mio telefono, includendo anche persone con cui ho avuto rapporti di amicizia, almeno credo. Il dubbio, anzi la certezza di averli eliminati dalla memoria del telefono, dai contatti di Gmail e, di fatto dalla mia vita, nasce dall’esigenza di non consentire più a nessuno di prendere da me senza dare.
Mi dicono che io abbia un rapporto speciale con la morte, nel senso che sembra che io sappia sopportare grossi carichi emotivi e di responsabilità; ma di questa “bravura” mi sono rotto le scatole, perché voglio leggerezza, tranquillità, serenità e sicurezza che, se mi dovesse servire una mano, una mano arriverà: di qui la mia decisione di chiudere per sempre la mia porta a chi neanche si è degnato di bussare, ricordandosi di me solo quando serviva. Ora non più, perché la porta non è solo chiusa, ma non esiste proprio più.
MI vengono in mente, soprattutto, due persone, un uomo e una donna che ho conosciuto da oltre trent’anni: entrambi sono spariti, soprattutto quando avrei avuto bisogno di loro, avendo attraversato diversi anni fa un momento di difficoltà: lì per lì, preso dai problemi, non ci feci caso, poi, col tempo, ho realizzato di aver dato ad entrambi non solo una mano, ma anche e molto di più, instaurando – e questa è colpa mia – un rapporto basato sulla disponibilità a prescindere, ma sempre dalla stessa parte. Ora non sono più disponibile; messaggi, telefonate e parole buttate al vento, avvelenandomi per il disinteresse dimostrato nei miei confronti. Sbagliare è umano e, in questo, almeno in questo, sono profondamente uomo.
Nonostante tutti questi morti, sono sollevato.
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