Considero l’amicizia, o comunque rapporti intimi, un valore aggiunto alla mia vita, un completamento, un’estensione di garanzia per il proprio io che, attraverso l’interazione con altri io, dovrebbe crescere e maturare.
Dovrebbe.
Ecco.
Considero l’amicizia, o comunque rapporti intimi, un valore aggiunto alla mia vita, un completamento, un’estensione di garanzia per il proprio io che, attraverso l’interazione con altri io, dovrebbe crescere e maturare.
Dovrebbe.
Ecco.
Lo consideri bene, secondo me. La vita è la scuola delle relazioni in cui stiamo per crescere. Questo insegna l’antica psicologia dello Yoga, è una disciplina di grande saggezza e praticità. Ci sto provando tutti i giorni. 🙂
Rimango sempre piacevolmente colpito da un occidentale che si rivolge alle antiche discipline spirituali orientali, perché, pur facendo parte dell’insieme “umanità”, siamo profondamente diversi.
Scusami, se ti rispondo tardi. Ho appena visto il tuo commento… Grazie per il complimento ma secondo me questa diversità tra la filosofia di vita occidentale e quella orientale è superficiale. Se vogliamo concentrarci sulle nostre somiglianze, ne troveremo parecchie. Dopo quattro anni di studi della filosofia dei Veda (o dello Yoga) sono convinta che nell’essenza siamo uguali. 🙂
Il bello di questo spazio è anche il fatto che idee e sensazioni possano essere condivise anche dopo anni; quindi, il tempo è relativo.
Le differenze tra di noi ci sono e meno male che ci sono; altrimenti sai che strazio.
Sono d’accordo, le differenze tra noi ci sono… Ma sai che ogni persona è fatta “a strati”? 🙂 Fisico, psichico e spirituale. Sui primi due siamo diversi, sul terzo però siamo uguali. E qualsiasi tradizione spirituale parla proprio del terzo “strato”, compresa quella dello Yoga e dei Veda che studio io. E se ci sono relazioni spirituali tra le persone, non fa più importanza nessuna differenza tra loro. Non è una teoria, credimi, l’ho sperimentato e sto sperimentando con i miei amici, che praticano yoga (non solo quello fisico ovvio), ed è bellissimo! 🙂
Non conoscevo la teoria degli strati; a dirla tutta, però, mi lascia molto perplesso, nel senso che, in tal modo, non si spiega, ad esempio, la mancanza di feeling tra le persone: perché, sempre per esempio, con me sì e con Pippo no? Ol il contrario? Cosa rende me o Pippo più o meno vicini al tuo piano terra (sempre per rimanere sul “discorso strato”)?
C’è una risposta esatta anche a questa tua domanda. Secondo la filosofia dello Yoga, c’è la legge universale del karma. Tutte le nostre simpatie ed antipatie non sono casuali. Ogni persona ha il suo dharma (in sanscrito, dovere prescritto dalla nascita in un certo tipo del corpo). La donna ha un suo dharma nei confronti del marito, dei figli e di se stessa. L’uomo uguale. Nei giorni di oggi le relazioni finiscono spesso con il divorzio e, come lo viene spigato dallo Yoga, è uno dei modi (il divorzio) per scappare dal dharma, dal proprio dovere. Ma dalla legge del karma non si può fuggire. I nostri debiti dovremo comunque pagare nelle prossime vite. Quindi, le persone si piacciono, perché DEVONO stare insieme oppure al contrario. Questa è la spiegazione sul strato spirituale. Ma c’è quella anche sul strato psicofisico. Nell’altra persona ci piacciono i nostri pregi, anche quelli nascosti, non espressi ancora. E viceversa, nell’altro ci fanno arrabbiare i nostri difetti, di quali possiamo non essere nemmeno consapevoli. E c’è una risposta sul strato solo fisico. La natura maschile è così che la può attrarre sessualmente ogni seconda donna con un aspetto piacevole. La natura femminile invece si attrae con le certe qualità dell’uomo: la responsabilità, la generosità, la fedeltà e l’intelletto. ?
Io credo che non si cresce attraverso gli altri amici o amori che siano….ma penso che cresciamo solo quando cerchiamo di realizzarci attraverso il nostro io, conoscendoci più a fondo…paure,sogni….desideri e il coraggio di attraversare ferite e dolori….gli altri …siano amici o amori…sono affetti, sostegni o a volte sfide.
Il confronto con l’altro da sé è, a mio parere, il modo più concreto di conoscere se stessi; se, infatti, tale processo di conoscenza non passasse attraverso il filtro degli “altri”, ma fosse un auto osservazione, rimarrebbe sterile, un puro esercizio di stile, un loop su di sé.
Mi piace il concetto di altri come sfida: verso di sé o nei confronti del mondo?
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